martedì 16 dicembre 2014

Buon Natale, Rosa

BUON NATALE, ROSA

Buon Natale, Rosa,
tu che sei stata e sei il mio mondo.
Con passaggi intervallati
di lotte cruenti e gloriose vittorie
per difendere il regno fantastico
che abbiamo in simbiosi edificato.
Pietra su pietra per costruire
un edificio  di umani valori
nel nome di una sacralità
proiettata nel tempo lontano:
quasi mezzo secolo fa.
Sembrava un attimo,
come il volo di una farfalla,
nell’alternarsi  del giorno e della notte,
nell’imperterrito chiaroscuro
delle giornate variegate
dalla signora fantasia onnipresente
.guardiane le stelle nel cielo,
discrete testimoni di un evento
semplice e megagalattico,
che insegnava che un amore
non appassisce in autunno,
ma si espande con boccioli
e teneri virgulti  dal sorriso personalizzato,
in  un campo di frumento prosperoso
con spighe apportatrici
di umile grano da trasformare
in caldo pane quotidiano.
E’ notte. Torniamo a dormire.

Catello Nastro




BUON NATALE, ROSA

BUON NATALE, ROSA

Buon Natale, Rosa,
tu che sei stata e sei il mio mondo.
Con passaggi intervallati
di lotte cruenti e gloriose vittorie
per difendere il regno fantastico
che abbiamo in simbiosi edificato.
Pietra su pietra per costruire
un edificio  di umani valori
nel nome di una sacralità
proiettata nel tempo lontano:
quasi mezzo secolo fa.
Sembrava un attimo,
come il volo di una farfalla,
nell’alternarsi  del giorno e della notte,
nell’imperterrito chiaroscuro
delle giornate variegate
dalla signora fantasia onnipresente
.guardiane le stelle nel cielo,
discrete testimoni di un evento
semplice e megagalattico,
che insegnava che un amore
non appassisce in autunno,
ma si espande con boccioli
e teneri virgulti  dal sorriso personalizzato,
in  un campo di frumento prosperoso
con spighe apportatrici
di umile grano da trasformare
in caldo pane quotidiano.
E’ notte. Torniamo a dormire.

Catello Nastro



sabato 13 dicembre 2014

OMAGGIO A SANTA MARIA LA CARITA'

OMAGGIO 
A SANTA MARIA LA CARITA’

Manco da Santa Maria la Carità da circa settanta anni. Ed i ricordi che tengo di questa ridente ed accogliente cittadina sono pochi ma di grande valore:almeno per me. Mio nonno Giovanni Nastro, zio Francesco, zio Giulio. zio Mario e zio Raffaele. Delle zie non ricordo il nome. Ma una foto di famiglia, ricavata da un collage non cronologico, campeggia nella mia attuale abitazione in Via Filippo Patella, nel centro storico di Agropoli. Nel mio studio ha trovato adeguata collocazione una statua di San Catello, vescovo e protettore di Castellammare di Stabia, dove nacqui nel lontano 1941, da mia madre Concetta De Simone e mio padre Carmine Nastro, come mio figlio primogenito che, unitamente al fratello minore gestisce alcuni negozi di antiquariato e restauro di mobili antichi. Naturalmente con preferenza al napoletano ed al Luigi Filippo. I ricordi sono ben pochi. Il giardino pieno di alberi da frutta, un arancio bellissimo ed alcuni alberi di cachi piccoli, che il nonno chiamava “lampadine” proprio perché erano piccole come una lampadina ma avevano un gusto oggi oramai perduto. Durante la festa del paese, all’età di sette – otto anni, feci la mia prima esibizione in pubblico. Facevo la propaganda per un forno situato su una carretta trainata da un cavallo, naturalmente parcheggiato altrove, mentre il carretto (detto anche secondo la voce araba, sciarabballo) a mezzo di due pizzaioli sfornava e vendeva diecine di pizze ancora cocenti. Il mio ruolo di attore in erba consisteva di far finta di piangere per avere una pizza. La Seconda guerra mondiale era da poco finita e la gente aveva tanta voglia di riprendere il lavoro normale. Ricordo ancora la bontà dei nonni e degli zii. Tra gli altri ricordi il grosso portone in legno, mia nonna Angelina, donna energica ed orgogliosa. A  lei ho dedicato una poesia quasi venti anni fa, nella speranza che la potesse ascoltare in Paradiso. Un altro ricordo bellissimo un lungo viale di platani e pioppi che percorrevo in lunghe passeggiate. Che percorrevo  quando ero ospite dai nonni. Dal 1941 al 1951 sono vissuto in vicolo Mantiello a Castellammare di Stabia. Il 21 ottobre del 1951 con la famiglia mi trasferii ad Agropoli, in  provincia di Salerno, nel Cilento, dove mio padre impiantò il primo caseificio artigianale del paese. Dopo venti anni, con la laurea in lettere conseguita presso l’Università di Napoli, mi trasferisco a Torino, vado ad abitare nella casa dove visse il poeta Guido Gozzano e lì trascorro gli anni più interessanti della mia vita, operando nel campo della scuola e dell’arte figurativa e dedicandomi alla solidarietà.
Questa è la poesia dedicata a “Nonna Angelina.

***
NONNA ANGIULINA

‘O fatto risale a sittant’anne fa, quanno nascietti,
quanno ‘e bombe pigliavano ‘o posto de’ cunfietti,
e ‘a nonna mia paterna, nonna Angiulina,
teneva cinque figli surdate, oltre ‘e cunfine.
‘O bosso mio allora teneva già tre figli piccerilli,
l’urdemo nato ero propeto io, e ne facevo strilli,
e nun sapevo d’a vuerra, quanno sunava ‘a sirena
p’avvisà ca’ steveno p’arrivà ‘e bombe a catena.
Ogne matina ‘e notte, ‘a nonna Angiulina,
cumm’à tutte l’ati mamme cu’ ‘e figli ‘o fronte,
jeva leggere appena asceva, ‘o bullettino ‘e vuerra.
‘A mamma ca’ chiagneva e se speppava ‘a faccia,
aveva letto ‘o nomme d’o marito o d’o figlio tra ‘e dispersi.
E allora pe’  disperso s’intendeva ch’era ggià muorto.
Nonna Angiulina tra tutte ‘e mamme ‘e vuerra risperate,
cu’ lacreme chiagnute fu  cchella cchiù affurtunata.
Tutte ‘e cinche ‘e  figlie turnarono d’o’ fronte,
accerettene ‘e perucchie co’ ddt degli alleati,
se retteno dint’à tinozza ‘na bella rinfrescata,
e dint’à terra lloro se mettettene a faticà.
Forse ‘e lacreme e ‘e preghiere ‘e nonna Angiulina,
arrivarono ‘ncielo fino a Dio, e ‘a Maronna tenette pietà.
Stennimmeve ‘a mano, abbracciateve cu’ nu’ surriso,
vuje ca’ site nati ‘ntiempe ‘e pace, ca’ cammisa.
Stennimmece ‘a mano, facimmo  in modo ca’ nisciuno tace,
criammo n’atu munno: ‘nu munno ‘e pace!!!
Catello Nastro
da “agropolicultura.blogspot.com


venerdì 5 dicembre 2014

Natale ad Agropoli

NATALE AD AGROPOLI
Già   molte prenotazioni da parte di turisti italiani e stranieri incominciano ad arrivare alle varie  attività ricettive non solo di Agropoli e di tutto il Cilento. Alberghi, ristoranti, pensioni, aziende agrituristiche, riaprono i battenti ed incominciano a mettere la legna nelle stufe…naturalmente quelle che non sono provviste di riscaldamento di varia natura. I prezzi del Natale, Capodanno ed Epifania, a causa della ben nota recessione, sono diminuiti e tutti si organizzano a fare ottimi acquisti per poter meglio servire una clientela sempre più qualificata ed…esigente. La Dieta Mediterranea in questa occasione andrà in ferie e specialmente nelle aziende agrituristiche si mangerà la migliore carne ed il migliore formaggio locale artigianale. Agnelli, capretti, vitelli e pollastri verranno alla festa nei vari paesi interni del Cilento. Le ricchezze gastronomiche della Piana del Sele e delle colline del Cilento interno terranno compagnia  e ai dolci fatti in casa secondo antiche tradizioni. Non dimentichiamo i prodotti ittici al primo posto nella Dieta Mediterranea. Il pescato fresco e di maggior pregio, arricchirà le tavole dei più…ricchi. Ma anche i prodotti genuini della campagna costituiranno ottimo contorno al tutto. Per digerire una bella passeggiata nel centro storico di Agropoli, incominciando da Via Patella dove potete trovare lo scrivente tra le “Cose Inutili”.Una visita al castello, alle chiese ed al borgo antico Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti ed in particolare modo ai miei lettori ed alle loro famiglie.
Catello Nastro

Agropolicultura.blogspot.com

sabato 15 novembre 2014

I PENSIERI DI NONNO CATELLO

“I PENSIERI DI NONNO CATELLO”
IL RECENTE LIBRO DI ANTONIO INFANTE   

Edito alcuni giorni fa l’ultimo lavoro letterario di Antonio Infante  dal titolo “I pensieri di nonno Catello”. Come si evince dal titolo, i due coetanei ultrasettantenni, Antonio Infante e Catello Nastro il cui sodalizio per l’arte e la cultura dura dagli anni ’70, con una collana letteraria che mira al territorio ed alle sue qualità umane, morali e sociali, si consolida oltremodo con questo libro scritto e commentato dal cuore di entrambi. Un lavoro certosino, dalla fonte informatica di Facebook, quello di coordinare, selezionare e pubblicare su supporto cartaceo l’originale dell’informatico, aggiungendo una sintetica presentazione. Il volumetto, di circa settanta pagine edito dalla “Libera Università Internazionale di lettere, musica, cultura ed arte, onlus” di Agropoli, si fregia di un’artistica copertina con la mano di un bimbo che stringe il dito della mano di un vecchio, quasi a voler simboleggiare l’ereditarietà della cultura ed il passaggio delle consegne tra le generazioni per una vita culturale come faro di coesione e di buona volontà. Gli articoli di Catello Nastro, amico fraterno dello scrittore curatore del volumetto, provengono da internet e sono stati scelti da Infante con giudizio quasi a dimostrare la collegialità dell’opera nella ognuno ha il suo ruolo e mantiene, nello stesso tempo, la sua appartenenza culturale. Il libro non tratta di gesta di eroi o divi dello sport, ma di persone che fanno cultura, anche se di provincia, e la presentano al pubblico dei lettori cilentani e campani in genere, sempre all’affannosa ricerca di nuove idee, nuovi messaggi culturali. Un volumetto che si fa leggere tutto d’un fiato e per di più edito dalla collaborazione di due ultrasettantenni ancor desiderosi di narrare fatti e vicende ripescate in un tempo ora vicino, ora lontano, ma comunque sempre attuale. Con gli auguri di lunga vita (anche letteraria) auguro meritati successi.                                                                            Renato Volpi

martedì 11 novembre 2014

UN PENSIERO SULL'AMORE

Un pensiero sull’Amore

Milioni di parole sono state spese sull’amore, ingrediente fondamentale della vita.  Anche l’uomo più  colto e  senza l’amore sarebbe incompleto ed anche l’uomo più ricco senza l’amore sarebbe povero. Chi ama deve saper mostrar sapienza ed essere premuroso, mai avere inutili gelosie ma essere umile e rispettoso.  Deve avere cura e preoccuparsi per l’altro e lo deve comprendere. Deve svegliarsi con la certezza di un nuovo giorno d’amore e deve addormentarsi con l’ultimo pensiero per l’amato.


Leonardo Fiordilino

domenica 5 ottobre 2014

CAMORRA COSMICA
Fino ad oggi per camorra si intendeva la malavita nel napoletano. Premetto che non è mia intenzione quantificare, giudicare o analizzare detto malavitoso evento sociale,, ma rilevare la diffusione di questo fenomeno in quasi tutto il pianeta terra. Qualcuno, a questo punto, potrà obiettare che forse sarebbe stato meglio intitolare il presente scritto “malavita cosmica”, ma io, che sono di origini napoletane, pur avendo assorbito una cultura piemontese, per avere operato per alcuni anni a Torino, quasi seconda patria, penso che la camorra da napoletana sia diventata mondiale. Una differenza, però, ci sta! L’antica camorra napoletana aveva il suo codice d’onore, pur operando nella piena illegalità, sebbene con delle regole che, in un processo storico, consentivano alla medesima le cosiddette “attenuanti generiche.” Il rispetto per le donne ed i bambini, ad esempio, che rappresentavano, ieri come oggi. le categorie più indifese  e più facili da raggiungere. Oggi le regole morali non esistono più. I crimini sono aumentati e molto spesso le vittime sono donne e bambini. Leggevo tempo addietro che i malavitosi della Birmania si erano appropriati dei terreni in prossimità del mare di contadini per i quali un piccolo raccolto costituiva un minimo reddito atto a sfamare una famiglia col minimo indispensabile. Per sopravvivere le mamme facevano prostituire le figlie in età scolare ma maniaci pedofili che nessun dio potrà assolvere. La corsa al petrolio ed allo sfruttamento del sottosuolo. Proprio l’altra sera ho seguito per TV la vita degli emigranti italiani in Belgio, dopo il secondo conflitto mondiale, nelle miniere di carbone a parecchi metri di profondità: Molti non sono tornati. Molti sono rimasti sotto le macerie a causa di smottamenti di terreno a centinaia di metri di profondità. Oggi la camorra non è più napoletana, ma russa, cinese, africana, ecc. L’arricchimento materiale si è internazionalizzato con illeciti profitti all’ordine di milioni di euro. Basta leggere i giornali per seguire le terribili vicende degli emigranti dall’Africa e dal Medio Oriente verso la Sicilia. Zona di smistamento per questi poveri disgraziati per lo più sfruttati e spesso ingannati. Li chiamano “vittime del mare” ma sono solo vittime della malavita organizzata di taluni paesi del Mediterraneo i cui governi spesso chiudono un occhio, spesso tutti e due. Sono, come ho detto di origini napoletane e ne vado orgoglioso. Ho guidato l’auto ed il furgone per molti anni. Adesso che sono arrivato (fortunatamente) ai tre quarti di secolo, non guido più: non per paura verso la mia vita, ma per il terrore di investire un bambino. E’ logico che a nessuno “piace far passare la mosca sotto il naso”. Ma tanti  incidenti potrebbero essere evitati, molte vite salvate. Basterebbe il buon senso e lo spirito cristiano. Anche questa è cultura, civiltà, emancipazione, progresso, coscienza.


Catello Nastro

giovedì 25 settembre 2014

IL GRANDE TEMPIO

IL GRANDE TEMPIO
Un edificio polifunzionale, multietnico, multirazziale, come un normale tempio greco o romano, naturalmente aggiornato con tutte le tecniche audiovisive, di comunicazione, di interpretazione, di credo, di possibilità di intervenire come singolo, non solo della comunità religiosa di appartenenza, ma di essere umano provvisto di libero arbitrio, applicabile al proprio intervento in una comunità multietnica, multirazziale, multi religiosa, multi sociale. Insomma un uomo libero tra uomini liberi che hanno scelto come punto di partenza un denominatore unico: la tolleranza. Oggi parlare di tolleranza religiosa è difficile a tal punto che neanche noi ce la sentiamo di affrontare questo atavico argomento. La superstizione, oltre che religione crea momenti di forte diffidenza tra gli esseri umani che, peraltro, hanno molte doti in comune. Il Grande Tempio non è una utopia o un qualcosa che cozzi contro le convinzioni religiose attuali. Nel grande tempio possono trovare posto tutti gli uomini di buona volontà e fede genuina atta a portare avanti il progetti in questione. Iddio è unico ma è stato interpretato in varie maniere e di poi modificato  in varie sottospecie a proprio piacimento ed a propria convenienza. Sia ben chiaro che chi scrive è un semplice cattolico, operante da anni nel sociale per fare capire meglio il concetto ma anche, per la verità, per capire meglio egli stesso il nesso ed il senso dell’elaborato in oggetto. A questo punto bisogna parlare di religioni diverse, credenze diverse, divinità diverse esse stesse. Certamente per uno come me, acculturato medio in argomento ( sebbene provvisto di laurea, diplomi e titoli vari più o meno obiettivi e validi) il discorso diventa difficile. Ma è giusto che sia così: costruttivo e non certamente distruttivo. Una terribile frase “discriminazione razziale” oppure “discriminazione religiosa” ci fanno sprofondare nel Medio Evo. A questo punto qualche lettore potrà obiettare che siamo eretici. Ma il discorso principale ci porta a scaricare l’indottrinamento, il fanatismo, il bigottismo. L’uomo qualunque deve avere un rapporto diverso con la divinità. Dio è Dio e su questo non si discute. Ma studiamo prima il rapporto uomo-Dio per discernere e catalogare i risultati. Il rapporto sociale, inoltre va messo in primaria discussione. Nel grande tempio ci sta spazio per tutti. Il bigottismo, inoltre porta su sentieri scoscesi con la possibilità di cadere in un dirupo da un momento all’altro. L’interpretazione delle Sacre Scritture  porta alla retta via di cristiani. Allo stesso punto si può giungere con altri percorsi che sono dissimili dai precedenti sopracitati ma che presentano lo stesso traguardo…
Catello Nastro

IL GRANDE TEMPIO

IL GRANDE TEMPIO
Un edificio polifunzionale, multietnico, multirazziale, come un normale tempio greco o romano, naturalmente aggiornato con tutte le tecniche audiovisive, di comunicazione, di interpretazione, di credo, di possibilità di intervenire come singolo, non solo della comunità religiosa di appartenenza, ma di essere umano provvisto di libero arbitrio, applicabile al proprio intervento in una comunità multietnica, multirazziale, multi religiosa, multi sociale. Insomma un uomo libero tra uomini liberi che hanno scelto come punto di partenza un denominatore unico: la tolleranza. Oggi parlare di tolleranza religiosa è difficile a tal punto che neanche noi ce la sentiamo di affrontare questo atavico argomento. La superstizione, oltre che religione crea momenti di forte diffidenza tra gli esseri umani che, peraltro, hanno molte doti in comune. Il Grande Tempio non è una utopia o un qualcosa che cozzi contro le convinzioni religiose attuali. Nel grande tempio possono trovare posto tutti gli uomini di buona volontà e fede genuina atta a portare avanti il progetti in questione. Iddio è unico ma è stato interpretato in varie maniere e di poi modificato  in varie sottospecie a proprio piacimento ed a propria convenienza. Sia ben chiaro che chi scrive è un semplice cattolico, operante da anni nel sociale per fare capire meglio il concetto ma anche, per la verità, per capire meglio egli stesso il nesso ed il senso dell’elaborato in oggetto. A questo punto bisogna parlare di religioni diverse, credenze diverse, divinità diverse esse stesse. Certamente per uno come me, acculturato medio in argomento ( sebbene provvisto di laurea, diplomi e titoli vari più o meno obiettivi e validi) il discorso diventa difficile. Ma è giusto che sia così: costruttivo e non certamente distruttivo. Una terribile frase “discriminazione razziale” oppure “discriminazione religiosa” ci fanno sprofondare nel Medio Evo. A questo punto qualche lettore potrà obiettare che siamo eretici. Ma il discorso principale ci porta a scaricare l’indottrinamento, il fanatismo, il bigottismo. L’uomo qualunque deve avere un rapporto diverso con la divinità. Dio è Dio e su questo non si discute. Ma studiamo prima il rapporto uomo-Dio per discernere e catalogare i risultati. Il rapporto sociale, inoltre va messo in primaria discussione. Nel grande tempio ci sta spazio per tutti. Il bigottismo, inoltre porta su sentieri scoscesi con la possibilità di cadere in un dirupo da un momento all’altro. L’interpretazione delle Sacre Scritture  porta alla retta via di cristiani. Allo stesso punto si può giungere con altri percorsi che sono dissimili dai precedenti sopracitati ma che presentano lo stesso traguardo…
Catello Nastro

sabato 6 settembre 2014

microcosmo e macrocosmo

MICROCOSMO E MACROCOSMO

Il piccolo ed il grande.  Il mondo virtuale nel quale viviamo ed operiamo quotidianamente, sia come piccoli imprenditori, sia come dirigenti di alto rango. Pensate ad un nostro compaesano cilentano che, arrivato all’aeroporto più grande del mondo viene fermato dalla polizia aeroportuale perché il suo passaporto e la sua carta di identità, avevano il numero inferiore a cinquecento. Certamente non era colpa sua se era nato a Serramezzana, un bel paesino del Cilento che conta meno di cinquecento abitanti. La polizia lo portò del comandante dell’aeroporto che era Italiano e per di più della Campania, che spiegò che quello era un paese di meno di cinquecento anime  e quindi il tizio venne rilasciato. Un cittadino qualsiasi, fruitore di un viaggio negli Stati Uniti per incontrare dei parenti  e che viene identificato come un clandestino o addirittura come un potenziale criminale, di ordine camorristico o mafioso e comunque un immigrato irregolare. Chiarito il tutto il tale rientra nella normale collettività, visitando parenti, amici e compaesani. Ognuno si noi, anche se in minima parte, rappresenta come microcosmo una parte dell’immenso macrocosmo. Estendiamo ora il concetto al rapporto personale, intimo, composto da soli due esseri umani che, magari, si amano pure. Essi, ignoti amanti, figurano come microcosmo nel macrocosmo. Non parliamo di razze, religione, cultura, vita sociale diversa, perché il presupposto è che tutti gli esseri umani sono uguali, sebbene con varianti che riguardano l’età, il credo religioso e politico, la condizione sociale, il reddito il grado di cultura, sia scolastico che di autoapprendimento. Gli abitatori del nostro pianeta sono milioni : di varie razze, varie religioni, vari credo politico, varie nazionalità, vari condizioni sociale. Ci sono i benefattori ed i malfattori. Quale sia la supremazia non è oggetto del nostro studio. Fatto sta che entrambi sono operativi. Dal punto di vista politico-sociale e dal punto di vista morale e religioso. Non è nostra intenzione addentrarsi nel piano sociologico, morale, civile e politico, ma gettare solamente un momento di riflessione. Quando si esalta il proprio cane di razza con tanto di pedigrée e si molla un calcio in culo al povero bastardo che cerca di socializzare caninamente, non di può parlare di amore verso il cane e verso gli animali in genere. A questo punto dovremmo iniziare un discorso che dal cane  porta all’uomo. Oggi tra il cane ben educato e l’uomo ben educato si instaura un rapporto sociale molto positivo. Li chiamano animali da compagnia e come compagni dovrebbero essere trattati. Notare che dei cani siano maltrattati è orribile, come pure è orribile notare come degli esseri umani, siano trattati alla stregua delle peggiori bestie. Oggi viviamo in una società multietnica e multirazziale. Oltre a parlare di razza, religione, lingua, usi e costumi, comportamenti sociali e così via… Solo col dialogo e non con le bombe possiamo risolvere i problemi del mondo che stiamo vivendo come cittadini del mondo. Al di sopra della politica, della religione, della collocazione geografica, della condizione sociale. Solo abolendo certi schemi atavici e sostituendoli con altri  socialmente aggiornati, possiamo guardare ad un futuro migliore. Non solo per noi ma anche per quelli che verranno dopo di noi. Lasciamo ai nostri figli qualche euro in meno in banca, ma una nuova visione della vita che tiene al primo posto la solidarietà. Buona vita a tutti…

Da: agropolicultura.blogspot.com

Catello Nastro


venerdì 15 agosto 2014

QUANN’O SOLE COCE

Quann’o sole coce
‘o mese r’austo,
nunn’abbasta
‘o  vevere e sciuscià,
e nun riesce ‘nu pucurillo
‘o spirito vullente
manco c’a’  forza
a te puté  calmà…
Coce ‘o sole,
cu’ ‘e titte  re’ case
cu’ l’irmece cucente
ca’ ‘nge putisse cocere
‘ngopp’à creta pure ‘na pizza
ca’ mozzarella ‘ngoppa.
Pure ‘e femmene vullente
coceno ‘o mese r’austo,
e abbasta ‘nu surriso o
‘na semplice vuardata,
ca’ ‘o sango volle
e t’ha facisse ‘na ‘nguacchiata.
Ce pienze e ce repienze
cchiù ‘e trenta vote,
ma ‘o cavere è troppo,
e te passa pure ‘a voglia ‘e scupà…

Catello Nastro

Da Agropolicultura.blogspot.com

venerdì 1 agosto 2014

'NA VOCE

‘NA VOCE

‘Na voce d’a cuscienza
me riceva ‘e nunn’o fa’:
e io null’aggio fatto.
Forse aggio sbagliato…
Ma ‘a voce d’a cuscienza
è‘a voce ‘e l’onestà.
Peccato ca’ sulamente
‘a gente onesta
riesce a cummannà…


Catello Nastro

martedì 29 luglio 2014

LA FABBRICA DEL TURISMO

LA FABBRICA DEL TURISMO

Le aziende che vivono di turismo, sono molteplici, scaglionate nei più svariati settori dell’accoglienza vacanziera. Nel nostro studio ci limiteremo al Cilento, in provincia di Salerno, che annovera ben tre cittadine a dir poco straordinarie nell’accoglienza turistica estiva. Parliamo di AGROPOLI, PAESTUM e CASTELLABATE. Naturalmente accanto a questa triade di cittadine ricche di storia e di bellezze naturali, se ne aggiungono altre in continua evoluzione per offrire al turista, stabile per tutta la stagione estiva, una occasione di vacanze diverse ricche di eventi artistici e culturali tali da soddisfare tutta l’utenza, in maniera tale che il medesimo si prenota anche per l’anno prossimo. A questo punto bisogna parlare di industria turistica sul vero e proprio senso della parola. Tale industria non soddisfa solamente il turista occasionale, ma ha la capacità di inserirlo nel contesto socio-culturale, turistico - alberghiero, storico – culturale, eno – gastronomico, nella vita quotidiana, quindi della cittadina che l’ospita. Il 21 ottobre del lontano 1951, ancora ragazzino, anche io giunsi nel Cilento, ad Agropoli, sul lungomare S.Marco, con la mia famiglia di lavoratori che si inserirono subito nel contesto sociale fondando il primo caseificio di Agropoli. Allora, ricordo, la mozzarella veniva lavorata a mano, con latte di mucca e di bufala che brucavano le verdi erbette della Piana del Sele. Oggi, con le nuove tecnologie anche la mozzarella è cambiata. I macchinari hanno sostituito l’uomo nel ciclo di lavorazione della cagliata in mozzarella. Come ex casaro (mio primo mestiere) mi sia consentito citare le varie sagre della mozzarella a cui si aggiunse quella del formaggio pecorino stagionato o fresco, detto anche “toma” che rappresentano il fiore all’occhiello della produzione casearia di Paestum e di tutto il Cilento. Ci sono della variazioni nella lavorazione, ma questo arricchisce la qualità del prodotto quasi sempre fresco di giornata ed inoltre curato con maggiore attenzione quando è destinato alla sagra del paese.  La Sagra nel Cilento rappresenta un momento di coesione eterogenea sia per la gastronomia (mozzarella e ricotta di bufala, caciocavallo di mucca, formaggio fresco, detto anche toma, oppure stagionato, di pecora o di capra). Sia ben chiaro che oltre ai formaggi, punti salienti di riferimento possono essere la sagra di Cannalonga con “la crapa vudduta” e di altri paesi come Stio e tanti altri paesi che offrono prodotti cilentani doc sd un prezzo accessibile a tutti anche in questo periodo di recessione economica. Dal punto di vista sociale rappresentano un momento di aggregazione tra comunità e razze eterogenee nel quale è probabile trovare l’anima gemella tra un canto antico ed una tarantella che comprende ritmi occidentali ed orientali. Ma il Cilento, giunti a questo punto, qualcuno si chiederà: ma dove sta… Nella partecipazione, nelle condivisione, nell’allegria di momenti di gioia, magari con canti, musica e balli che partono dal tramonto ed arrivano fino al mattino. Benvenuti al Sud. Si! Benvenuti in tutto il Cilento, ricco di storia, di amore, di solidarietà, ma anche di gastronomia. Per non parlare dei vini…

Catello Nastro

mercoledì 23 luglio 2014

LA FESTA DELLA MADONNA DI COSTANTINOPOLI AD AGROPOLI

MADONNA  DI  COSTANTINOPOLI PENSACI TU

Giovedì 24 luglio 2014, ad Agropoli, simpatica cittadina del Cilento, con circa venticinquemila abitanti, di cui più della metà provenienti  da altri paesi, italiani e stranieri, si festeggia la Madonna di Costantinopoli, patrona dei pescatoti, che  hanno dedicato alla loro protettrice una simpatica chiesetta, a picco sul mare, nel centro storico della cittadina capoluogo del Cilento. Inutile aggiungere che è frequentata durante le normali funzioni religiose, affollata anche all’esterno, nella piazzetta sul mare, in particolare modo durante  la stagione estiva e super affollata in caso di matrimoni dei cosiddetti vip della regione. Il 24 luglio, in occasione della sua festa , la statua della Madonna di Costantinopoli viene sistemata su una barca stradale, da due giorni parcheggiata, guarda caso, nel centro storico, a tre metri dalla mia camera da letto, che la porta in processione fino al porto. Dal molo del nostro bellissimo porto turistico, viene imbarcata su un peschereccio locale per arrivare al litorale di S.Marco, affollato di fedeli locali e turisti e di poi il viaggio di ritorno fino al punto di partenza. Cioè il porto di Agropoli. Concerti, bancarelle, processione di numerosi fedeli locali o meno, fuochi pirotecnici ed infine…fine della festa. Inutile parlare del concerto sul porto e della banda musicale, proprio perché caratteristica di tutte le feste paesane. Fino al 2013 erano i pescatori di Agropoli ad organizzare la traversata marina, coi loro pescherecci ed i loro e le loro “paranze”. Anzi facevano a gara a chi toccava portare la Protettrice con la propria imbarcazione. Nel 2014 l’onore, sembra, sia stato affidato ad un motopeschereccio di Acciaroli. I pescatori di Agropoli non sanno più   a quale Santo rivolgersi per far valere il loro diritto di trasportare la Madonna di Costantinopoli nella famosa processione per mare. Non sanno a quale Santo rivolgersi. Insomma i pescatori di Agropoli non sanno che pesci prendere… Speriamo che la Fede superi i campanilismi. Per concludere tutti i fedeli, anche di altri paesi, sono invitati. Venite ad Agropoli. Io sono arrivato il 21 ottobre 1951  e ci sono rimasto. La partecipazione è gratuita. La pizza del centro storico è ottima, i prezzi sono bassi a causa delle recessione, ed il vino è da brindare. Che la Madonna di Costantinopoli protegga tutti. In mare, in terra ed in cielo. E se i pescatori non sanno che pesci prendere, non facciano, almeno, una frittura o una frittata!!!


Catello Nastro

martedì 15 luglio 2014

'O CIUNGO E 'O CICATO

‘O CIUNGO E ‘O CICATO

Dint’à ‘nu palazzo viecchio
d’o quartiere Sanità,
rint’à dduje vasce,
quase porta a porta,
campavano, pe’ modo e ricere,
‘nu povere ciungo
‘ngoppa ‘a carrozzella
e ‘nu cecato
ca’ senteve sulo ‘o calore
d’o sole quann’asceva.
Quase pazzianno
‘ngoppa ‘a propeta malatia,
penzarono ‘e fa ‘na suggità.
‘O ciungo ‘ngoppa ‘a carrozzella
vereva a via addò avevano passà,
mentre o cecato, vuttanno ‘a carrozzella,
‘nziemo a isso poteva camminà.
Ma fu ‘nu juorno stuorto,
ca’ nu tranviere ‘mbriaco nunn’è verette,
ca’ ‘a vita e chisti dduje disgraziate
tristemente fernette.
Quann’arrivarono ‘ngopp’a ‘o Paraviso,
d’e nate sfortunate ‘ngopp’à terra,
San Pietro, ‘o maste ‘e festa,
nunn’è vulette saparà.
Mo’, ogne sera, ‘ngopp’a ‘na nuvola janca,
 ‘o cecato,  ca votta ‘a carrozzella,
e ‘o  ciungo ca’ vere ‘a via,
se ne vanno serenamente a passià.

Catello Nastro

TRADUZIONE
E’ la storia tra un paralitico inchiodato su una sedia a rotelle ed un cieco. Un bel giorno decidono di fare la società. Il cieco spinge la carrozzella dell’infermo e l’infermo indica la strada da fare al non vedente. Il loro handicap viene eliminato da una società basata sul contatto umano, lo spirito i dedizione e lo scambio delle proprie forze. E’ un messaggio di solidarietà al di fuori e sopra ogni concetto di parte che dovrebbe far riflettere molto sulla parola “solidarietà”.


Catello Nastro

lunedì 14 luglio 2014

NON PERDIAMO LA PAZIENZA

NUN PERDIMMO ‘A PACIENZA

Perdere la pazienza, in parole povere, significa anche lasciarsi prendere dall’ira ed agire in maniera sproporzionata  alla gravità dell’evento, da noi considerato scuro come la mezzanotte, ma che invece riesce, con normale modo di pensare di essere umano normalmente dotato di intelletto, di facile soluzione, una volta comparsa all’orizzonte. I luoghi in cui si può perdere facilmente la pazienza, possono  essere il tram, l’ufficio postale, lo sportello bancario, la sala della riunione di condominio, la stazione ferroviaria, l’ufficio delle tasse, l’ombrellone al mare d’agosto. La pazienza molto spesso si può perdere anche tra le mura domestiche. In periodo di recessione, come l’attuale, ad esempio, tale fenomeno viene direttamente collegato all’insufficienza di liquido contante, atto a soddisfare gli extra della comunità “intra moenia”. “Quando l’acqua scarseggia la papera non galleggia”. I limiti non si impongono ma vengono automaticamente imposti dallo “status rerum”. Ma analizziamo ancora  casi nei quali è possibile perdere la pazienza… Tua moglie ti prepara un bel piatto al pesto pur sapendo che a te non piace ma è gradito a tuo suocero ospite a pranzo. Sta un’ora nel bagno a truccarsi mentre tu hai urgenza di effettuare taluni svuotamenti impellenti, alza il volume della televisione perché è apparso il suo idolo preferito, ti chiede di andare a comperare il pane dieci minuti prima del pranzo. Parliamo ora di pazienza all’ingrosso. Perché avvengono le rivolte, rivoluzioni, guerre??? Perché qualcuno ha perduto la pazienza. Il dialogo spesso è apportatore di migliori soluzioni. Ma ciò avviene solo quando la via è aperta da ambedue o più contendenti. “Mettimmece ‘na preta ‘ngoppa e nun se ne parla cchiù!!!”.Morale della favola: se non si perde la pazienza si può anche trovare qualcosa di meglio!!!

Catello Nastro       

da: agropolicultura.blogspot.com

sabato 12 luglio 2014

notte blu ad gropoli

Venerdì 11 luglio 2014
NOTTE BLU  AD AGROPOLI

Venerdì 11 luglio  2014 favolosa Notte Blu ad Agropoli, con la partecipazione di una diecina di validi complessi musicali e di artisti a livello internazionale. A sentire i primi commenti in piazza questa mattina, tutti sono stati bravi. Io posso parlare, o per meglio scrivere, di quello che si è esibito in via Filippo Patella, proprio agli inizi degli scaloni che portano al borgo antico. Il folto pubblico, composto da locali e turisti ospiti del nostro paese hanno accolto le varie esibizioni con calorosi applausi. Il repertorio, infatti, non era per giovanissimi  ma per ospiti di mezza età. Molti hanno collaborato ballando al ritmo della tastiera, rendendo, in tale maniera, più pittoresca l’esibizione che ad un certo punto ha coinvolto tutti i partecipanti. Il programma dell’amministrazione comprendeva gadgets, shopping, animazioni per bambini, musica ed artisti di strada. Si è inteso promuovere anche il commercio, ma in un periodo di crisi, si è riusciti solo in parte. Ma anche questa manifestazione, alla quale hanno partecipato  oltre diecimila persone, è servita a dare un poco di ossigeno ai commercianti. Complimenti agli artisti, ai locali pubblici ed ai numerosi partecipanti alle varie esibizioni, che hanno allietato la notte blu ad Agropoli.

Catello Nastro

Da “Agropolicultura.blogspot.com

mercoledì 25 giugno 2014

LADRI DI LUNE

LADRI DI LUNE

Nel cielo sereno
e conciliatore di sogni notturni
di innamorati romantici
abbracciati su una panchina
del lungomare di Agropoli,
è scomparsa la luna
nel profondo oscuro della notte.
Saranno stati certi politicanti
avvezzi a siffatti misfatti,
ladri interplanetari
prezzolati dalla camorra,
l’odio del mondo che ancora
non ha capito cos’è l’amore,
abitatori di un altro pianeta
nella sua miseria senza luna
e senza amore intervallato
da romantici amplessi,
esseri misteriosi e meccanici,
automi in cerca di innovazioni,
fantasmi di innamorati
che hanno confuso l’amore col sesso,
prezzolati convegni a guisa di vecchi casini,
incontri di sentimenti distorti
dal galoppante materialismo.
Sconfitta, la luna scompare tra le nuvole
periti o soppressi ed inquinati
da semplici contatti epidermici
suffragati da interventi romantici,
frastornati, gli amanti ripensano
al primo amplesso al chiaro di luna.
Fra poco sorgerà il sole ed illuminerà
anche l’amore dei titubanti.


Catello Nastro

domenica 22 giugno 2014

INNOVAZIONE E RECESSIONE

INNOVAZIONE E RECESSIONE
Se ne discute al Parlamento, nei sindacati, nelle aziende, negli enti pubblici e privati, per non parlare del salumiere sotto casa, doppiamente danneggiato dalla recessione, perché i clienti sono diminuiti e spendono con parsimonia, nonché dall’ipermercato che fa le offerte speciali. Fortunatamente ci sta una larga fetta di consumatori che gradisce mangiare poco e buono ed è ancora legata ai vecchi schemi commerciali della salumeria e preferisce mezzo chilo di prodotto genuino, venuto dalla vicina campagna, piuttosto che un prodotto industriale proveniente dalla Cina o da altre zone industrializzate. Molti prodotti industriali, come d’altro canto quelli non alimentari, vengono soggetti a controlli sommari. L’economia internazionale lo impone. La legge di mercato impone al produttore di vendere a prezzi competitivi, cosa che deve fare anche il dettagliante, soprassedendo su controlli vari. Tanto l’aspetto del prodotto industriale, chimicamente trattato, è migliore di quello genuino soggetto a facile deterioramento. Mi spiego meglio… Un prodotto alimentare locale, a base di latte, pesce o carne deperisce in minor tempo che un prodotto genuino, cioè non trattato con conservanti e diavolerie similari. Se nel frigo la bistecca dopo un mese non marcisce significa che è stata trattata. Tenga conto il lettore che, oltre mezzo secolo fa, per pagarmi gli studi all’Università, lavoravo nel caseificio di mio padre. Allora non esistevano conservanti ed  il  prodotto doveva essere venduto e consumato nello spazio delle quarantotto ore. Trascorso tale tempo veniva salato ed essiccato per sostituire il formaggio da grattugia. Neanche il siero del latte con avanzi di ricotta veniva buttato, ma usato per l’allevamento del maiale e per la produzione di ottimi e genuini salumi. Tornare indietro non si può. Controllare quello che si mangia e si beve, al contrario, si può. Nella società dei consumi si può ancora salvare il salvabile. Basta usare la coscienza, la nuova tecnologia, l’innovazione, il buon gusto di  una volta… Per concludere, torniamo al territorio nel quale viviamo ed operiamo: il Cilento ed Agropoli in particolare. Visitate le varie  sagre che si tengono in molti paesi  interni del territorio. Gusterete la cucina dei nonni, tra musica, canti, folklore, aria sana, tanta ospitalità ed allegria. Benvenuti al Sud! Benvenuti nel Cilento e Buone Vacanze a tutti i miei lettori.

Catello Nastro

giovedì 12 giugno 2014

ABITAVO CON LE AQUILE

ABITAVO CON LE AQUILE

Su cime toccate dal sole
e da terribili tempeste,
 in un alternarsi  incalzante
di  libere stagioni
diversificate da fenomeni
imperscrutabili  al tizio
generico ed approssimato,
fino a quando la civiltà dei consumi
mi ridestò dal dolce torpore.
Ora che sono sceso in pianura,
cerco di convivere con gli avvoltoi,
sempre all’affannosa ricerca
di nuove prede ed esseri indifesi.
Vorrei ritornare in cima tra le aquile
ma anche a loro hanno spezzato
le ali della loro libertà.


Catello Nastro

mercoledì 4 giugno 2014

GENERAZIONI

  1. GENERAZIONI
  2.  
  3. Prima di diventare nonno ero padre e prima ancora di essere padre ero figlio. Innanzitutto auguro a tutti i miei lettori di diventare padri e nonni nella serenità e nella tranquillità normale. Il ruolo di padre e di nonno, nell’antica civiltà contadina del Cilento, era qualcosa di sacro ed inoppugnabile. Oggi il sistema è cambiato … ma certamente non è cambiato il rispetto verso i genitori ed i progenitori. Nell’antica civiltà contadina del Cilento, come pure in molte altre, il nonno, anche se mezzo rincoglionito dall’età e dal lavoro nei campi, sedeva sempre a capotavola. E questo stava ad indicare il suo dominio morale sulla famiglia, composta talvolta non solo da tre generazioni, ma da una ventina di membri. Il nonno era il capo spirituale della collettività familiare. Anche se mezzo rincoglionito il suo parere contava … e come contava, in una sacralità arcaica di cui oggi si sono perdute le tracce. La famiglia, intesa nel senso di comunità collettiva, più o meno allargata, aveva una scala gerarchica che comprendeva nonni, padri, figli, nipoti ed in taluni sporadici casi anche pronipoti. Questo, naturalmente quando il capostipite diventava quasi centenario. Allora non esistevano centri sociali o case di riposo ed il nonno veniva accudito nella cascina, da tutta la famiglia, fino all’ultimo respiro. Oggi ci sono le case di riposo che dovrebbero sostituire la famiglia. Ma se si parte da questo banale preconcetto, si cade in un vicolo cieco dal quale è difficile uscirne. Il nonno è un essere umano, nato tempo addietro, diventato padre ed infine nonno, come capogruppo di tre o quattro generazioni. I suoi interessi sono il progresso della famiglia composta da figli, nipoti e talvolta pronipoti. Oggi il nonno viene confuso come un distributore di monetine frutto di un’antica pensione che, a causa della recessione economica, non permette grosse elargizioni verso le ultime generazioni, non sempre protese alla produzione quando alla consumazione di una pensione ridotta all’osso da una incalzante recessione globalizzata. Il nipote ed anche il figlio non possono essere sponsorizzati con assiduità dalla pensione o dai risparmi del nonno. E’ naturale che questo danaro non guadagnato dagli eredi col sudore della propria fronte verrebbe speso per motivi goderecci, sempre in agguato per le generazioni del terzo millennio. Quando poi si entra nel contesto delle dipendenze, il discorso assume maggiore drammaticità. Le vie d’uscita da percorrere sono tante: lo sport, la solidarietà, l’investimento produttivo ma lecito, l’arte, la cultura, la tecnologia di ultima generazione, le innovative gestioni artigianali e commerciali, o anche artistiche, inserite in un mercato sempre più rarefatto ed esigente, ma, comunque, aperto alle innovazioni. Il nonno al computer ed il giovani alla produzione agricola o artigianale di qualità, possono convivere in una vita simbiotica per il progresso sociale e per l’incentivazione al lavoro manuale, a cui molti giovani coraggiosi del territorio tendono, quasi sempre con successo per una migliore qualità della vita, una migliore qualità degli investimenti pubblici o privati, con una produzione valida e competitiva nel territorio ed oltre.
  4. Catello Nastro

lunedì 2 giugno 2014

Uomo libero, tu amerai sempre il mare

UOMO LIBERO, TU AMERAI SEMPRE IL MARE

Martin Meazza, cittadino inglese, da tempo ospite della nostra cittadina, in compagnia di due fedeli cani, ha posto fine alla sua esistenza terrena nel porto di Agropoli, dove viveva da anni benvoluto dai pescatori, dai conoscenti e dagli amici del centro storico della cittadina capoluogo del Cilento. Lo conoscevo solo di vista e notavo nel suo volto una rassegnazione intervallata per l’affetto dei due amici a quattro zampe che lo seguivano ad ogni passo. Ad Agropoli era benvoluto da tutti. Ma Martin Meazza si portava addosso un bagaglio di violenze subite dalla guerra e dalla comunità internazionale a volta ingiusta per modi di agire, di fare, di imporre, di condannare senza alcuna alternativa di appello. Agropoli, come accolse me e la mia famiglia nel lontano 1951, ha accolto anche il povero Martin, che, da cittadino inglese era diventato cittadino del mondo, non sempre giusto. Tempo addietro aveva espresso il desiderio di essere cremato e le sue ceneri sparse nel mare. Ma non è stato per il momento possibile. Ai funerali gli amici pescatori e molti di coloro che lo stimavano per la sua libera scelta di vita. L’amore per il mare, per la cittadina che lo ospitava, per i due cani amici unici in una vita simbiotica e mista di emarginati, definiva il suo modo di vivere nell’amore e nel rispetto dei pescatori e dei frequentatori del porto. Agropoli, una volta blindata per difendersi dagli attacchi dei Saraceni, si è mostrata aperta e solidale con questo sfortunato. Questo ci dovrebbe portare ad una più serena ed obiettiva definizione della parola “solidarietà. Martin Meazza  ora riposa in pace nel cimitero di Agropoli. Quella pace che andava cercando e che ora finalmente ha trovato. E col vecchio detto “Uomo libero, tu amerai sempre il mare…”  ospitiamo Martin nell’eterno riposo, ricordando la sua riservatezza ed anche la sua sfortuna. Addio Martin!!!

Catello Nastro

martedì 27 maggio 2014

LA SAGGEZZA NEL CILENTO ANTICO

LA SAGGEZZA  NEL CILENTO
Nell’antica civiltà contadina del Cilento la saggezza si identificava spesso con la cultura popolare dell’anziano, le convinzioni religiose e sociali del vecchio parroco, le conoscenze mediche del vecchio farmacista che procurava decotti ed unguenti per ogni malattia, i detti del nonno, frutto di una lunga esperienza di vita, e quindi, se validi per lui, altrettanto per i parenti e gli amici. Il saggio, comunque, era il grande maestro per meriti acquisiti sul campo di battaglia di una società ristretta, chiusa, diffidente alle innovazioni portate dall’esterno accettabili in parte ma discutibili pure… Diciamo subito che il livello culturale – molto basso – non permetteva emendamenti anche approssimativi. Ma il saggio del paese, figura carismatica, anche se non aveva studiato trattati di sociologia o psicologia, rimaneva sempre il colto della comunità. Qualche frase tramandata dagli avi, qualche detto imparato a memoria, qualche similitudine tratta dal mondo agricolo pastorali, completavano la sua figura. Anche la figura del prete o di un monaco mantenevano un certo carisma, ma solo fino a quando il suddetto rigava dritto e non sconvolgeva la sua missione mescolandola con affetti o interessi personali. Il vescovo-conte, antica figura medioevale, non solo nel Cilento ma anche in molti paesi di tutt’Italia, abbracciava la fede e la comunità umana, cioè il corpo e lo spirito. Su quello che affermo esiste una nutrita bibliografia su fatti e misfatti compiuti al tempo da siffatti malfattori. Chi operava con fede per la comunità e la solidarietà era considerato una specie di santone. Tenga conto il lettore che nella società medioevale cilentana, come pure nelle altre, esisteva una grossa percentuale di disabili, detti anche storpi, scemi, pazzi, sciancati, pezzenti, disabili, malati, nullafacenti che trovavano precario sostentamento nelle opere caritatevoli della parrocchia del villaggio. In quasi tutte le comunità cilentane dell’epoca, esistevano delle confraternite e associazioni spontanee di altro tipo che offrivano una pratica solidarietà a chi ne aveva bisogno. Unico vantaggio era lo spirito genuino e spontaneo dei facenti parti di queste associazioni di volontariato, quasi sempre gestito dalla parrocchia del paese, che si faceva sentire nei momenti del bisogno. A questo punto non posso fare a meno di citare tre grossi esempi di volontariato caritatevole padre Giacomo, Alberto, la Caritas, il Centro di aiuto alla vita e le altre associazioni del no profit che aiutano anche gli immigrati, anche se di credo religioso diverso. Agropoli, una cittadina multietnica e multirazziale, rappresenta il massimo della solidarietà umana. Per quando riguarda l’accoglienza, l’assistenza, la collocazione nel mondo del lavoro pulito, l’intreccio di civiltà, cultura e religione diversa, motivi che sviluppano un collage con varie componenti, tutte atte alla costruzione di un mondo migliore.


    Catello Nastro

lunedì 12 maggio 2014

EVENTI

EVENTI


Eventi  straordinari prima o poi possono capitare a tutti i mortali. Gli eventi, secondo la mia personale casistica si dividono in eventi positivi ed eventi negativi. Naturalmente entrambi sovente sono inaspettati ed arrivano come una nuvola a ciel sereno. Per meglio precisare quelli positivi arrivano a ciel sereno, quelli negativi durante il temporale, se non addirittura durante una tempesta. Sovente li confrontiamo, per impatto positivo e negativo che siano, a quelli capitati anche ad altri esseri umani, magari della comunità nella quale viviamo ed operiamo dal primo all’ultimo gradino della scala sociale. A questo punto bisogna reagire nel migliore dei modi per salvare almeno il salvabile. La mente incomincia a rimuginare ponendosi la fatidica domanda: perché proprio a me? Ma dopo un’attenta analisi ci accorgiamo che il fenomeno morale a noi capitato, non solo è frequente nella odierna collettività cosiddetta civile, ma non è nemmeno di gigantesche proporzioni come noi, a prima analisi avvertiamo. A questo punto si parla di reazione, rimedio, controllo, magari vendetta, tremenda vendetta. Ma subito dopo ci accorgiamo che non ne vale la pena, proprio perché ce lo vieta la nostra preparazione culturale, il nostro io pensante, la nostra cultura di cittadini del mondo, la Fede Cristiana. Arrivati a questo punto qualche interlocutore potrebbe parlare di resa, vigliaccheria, di menefreghismo anche verso complicati problemi personali. Dopo aver nuotato per il mare in tempesta alla ricerca di un’oasi di pace e di tranquillità, ritorniamo al punto di partenza consolandoci della frequenza del fenomeno che non fa distinzione razziali, religiose, sportive, politiche, sociali, di reddito o quanto meno tenore di vita. Allora pensiamo alla ritirata deponendo le armi, convinti che la battaglia non è né giusta, né santa, né perlomeno merita di essere combattuta. La Fede ci sorregge invitandoci ad un religioso e cristiano perdono, ad una riflessione cattolica dell’evento, alla valutazione dell’interlocutore autore dell’evento. Sia ben chiaro che il cristiano perdono non è un atto di pusillanimità, ma piuttosto una versione riveduta e corretta della parola vendetta, oramai passata di moda anche in molti paesi non cattolici. Gli eventi della nostra esistenza terrena – positivi o negativi – sono molteplici e di vario aspetto. Sta a noi saperli valutare, selezionare, ed annotare i più significativi: il tempo dell’occhio per occhio, dente per dente è passato ed è oramai lontano dalla cultura  che abbiamo costruito per noi stessi ed anche per il mondo che ci circonda. Ci rimane, comunque, la soddisfazione che nella partita tra il bene ed il male, abbiamo fatto il tifo per il bene, secondo i dettami evangelici e la nostra cultura cristiana. Domani è un altro giorno!!!…Forse ci troveremo a combattere una nuova battaglia contro un nuovo nemico, subdolo e materialista. La cultura, la Fede e la convinzione di trovarci nella barricata dei giusti, ci porterà alla vittoria finale. Che non solo noi godremo, ma anche quelli che verranno dopo di noi troveranno la strada più facile per approdare ad un mondo migliore.


Catello Nastro

domenica 4 maggio 2014

LA SPARA O LU TORTANO RE PEZZE

LA SPARA O TORTANO RE PEZZE

La “spara”, in dialetto cilentano, o almeno  nel dialetto dei paesi del Cilento, che poteva variare da un paese distante anche pochi chilometri, proprio perché le vie di comunicazione, nell’800 e nel 900 non erano come quelle di oggi e nemmeno come quelle dei paesi napoletani che erano facilmente raggiungibili per le strade più agevoli, per la presenza di ponti, anche se rudimentali e per via mare. Tralasciamo la linea ferroviaria Napoli – Portici – Castellammare di Stabia, dove nacqui nel 1941, in tempo di guerra che permetteva più facili collegamenti tra un paese e l’altro. Fatta questa premessa, annotiamo il fatto reale. L’altra sera, nel mio studio di Via Filippo Patella ad Agropoli, nel centro storico della cittadina capoluogo del Cilento, si è presentato un vecchio conoscente scolastico per notificarmi che “lu’ tortano re pezze”, usato in un mio articolo, in cilentano si chiamava “spara”. E’ d’uopo  spiegare che quando le donne della vecchia civiltà contadina del Cilento  dovevano trasportare un carico pesante magari per diecine di metri, si mettevano una “spara” in testa per equilibrare il peso e per proteggere la scatola cranica. La spara era, quindi, una specie di ciambella fatta con stracci che permetteva alla massaia di trasportare in bilico sulla testa il peso  di una cesta di frutta raccolta in campagna, la legna per il camino, prodotti alimentare e, nel caso specifico il mobilio della sposa perché allora l’IKEA non era stata ancora inventata. In dialetto cilentano la “spara” è una “ciambella di stracci” per facilitare, quindi, un peso sulla testa senza danneggiare il contenuto cranico. Premesso quanto sopra, i miei articoli non sono diretti solo al popolo cilentano ma anche a quei trentamila lettori, di ogni parte del mondo che attingono notizie – anche se personali ed approssimate sul Cilento negli anni passati. Parlare di purismo della lingua non si può, proprio la difformità tra una paese all’altro, magari distante pochi chilometri è evidente. Perciò, caro lettore, ringraziandoti della rettifica, ti annoto un episidio che capitò a Fidia, il grande scultore greco.  Un ciabattino vedendo una sua scultura gli fece notare che i calzari non erano appropriati. Lo scultore gli diede ragione ed il ciabattino, orgoglioso della scoperta gli fece notare che anche la proporzione delle gambe era sbagliata. Il grande scultore greco gli rispose:” Tu fai il ciabattino e limitati a giudicare i calzari. Alla proporzione del corpo baderà qualcun altro…


Catello Nastro