giovedì 3 gennaio 2013

Ricchi e poveri


RICCHI E POVERI

Un giorno, in una giornata qualsiasi in un paese qualsiasi, si incontrarono su un marciapiedi due pedoni, o viandanti, come suol dirsi nelle favole. La strada era deserta ed uno dei due – non importa chi sia – si fermò per riposarsi e si sedette su una panchina dove stava già seduto un altro uomo. La differenza tra i due si notava da lontano. Infatti, uno era elegantemente vestito, con abito di marca, alla moda, con giacca, camicia e cravatta firmata. Un paio di scarpe nuove luccicanti, un orologio d’oro al polso  ed un anello il cui costo, senza alcun dubbio, avrebbe potuto competere col reddito di cinque anni interi col povero. L’altro, il povero per intenderci, aveva un paio di scarpe vecchie, consunte dall’uso e dal tempo, dei pantaloni di basso costo, probabilmente comperato già usato al mercatino rionale ed un maglione, pulito, ma pur esso consunto dal lungo uso.  Il primo a prendere la parola fu il ricco, quasi avesse voluto confrontarsi col povero per cercare di capire la differenza di reddito e per conseguenza la differenza del tenore di vita. Parlarono per circa un’ora, con pari peso sociale e pari dignità umana, senza alcun sentimento di invidia o di compassione. Il ricco spiegò i suoi impegni nel campo della finanza, parlò di villa con piscina, di cameriera, di auto di grossa cilindrata, di azioni ed obbligazioni, di alta finanza, di milioni di euro di investimenti. Il povero parlò della moglie costretta a vivere col suo salario di operatore ecologico al comune, che faceva sacrifici su sacrifici per mantenere i tre figli alla scuola, per non far mancare niente, sia a loro che al marito, cercando anche di aiutare la madre, rimasta vedova, costretta  vivere con la pensione sociale, che investiva in buona parte in medici e medicine che la mutua non passava ed arrivava a stento a fine mese. Che ambedue spesso andavano alla Caritas del paese per avere gratis qualche pacco di pasta, qualche scatola di pelati, carne o tonno in scatola e, quando arrivava, anche qualche pacco di zucchero. L’altro, il ricco, rispose che la moglie cucinava una volta ogni tanto perché preferiva andare in ristorante oppure comperare il pranzo nelle vaschette di alluminio, che riscaldava nel fornetto a microonde e lo faceva mangiare con piatti e forchette di plastica, beveva vini di annata selezionati dal suo fornitore. Nella foga della amichevole discussione, quasi a confessarsi, il ricco disse pure che qualche volta ogni tanto la moglie lo tradiva con uno studente universitario che abitava nello stabile di fronte al suo. Ma lui non ci faceva caso perché non voleva rovinare la sua reputazione nel suo ambiente di élite sociale nel quale viveva. L’altro, al contrario, gli disse che la moglie lo amava, che amava pure i suoi figli e per loro quasi non si toglieva il pane dalla bocca. Al sabato sera facevano pure all’amore cercando di non mettere al mondo altri figli perché quelli che avevano erano già troppi, da soddisfare almeno nelle richieste essenziali. S’era creata tra i due una certa familiarità che non si erano nemmeno accorti che nella panchina vicina poco più di un metro, un anziano signore, pensionato, probabilmente, ma colto, perché lo si notava dalla sua barba bianca e dalla dignità nel portamento e nel parlare, quasi filosofico e comunque saggio. Nel mentre il ricco parlava di immobili ed investimenti obbligazionari, il povero parlava di amore coniugale, verso i figli, verso il cane randagio che aveva raccolto infreddolito ed abbandonato ai margini della strada, che fiutava, abbaiando, il suo arrivo dal lavoro e la moglie che lo spettava con una tazza di tè caldo quando faceva freddo, o una gassosa fresca quando faceva caldo. E la discussione continuò ancora per un’altra mezz’ora su argomenti similari. Al tramonto i due decisero di salutarsi e mentre si stavano stringendo la mano, il terzo uomo, sopraggiunto e seduto nella panchina affianco, prese la parola: “ Scusate se ho seguito la vostra discussione ed ho capito tutto. Solo una cosa non ho capito: chi di voi due è il ricco e chi è il povero…”

Catello Nastro

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